Pagina:Poemetti italiani, vol. I.djvu/186

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     Ma se di sommo Vate al raro merto
Giunger tu vuoi, che solo il lauro cinge,
Sarà Armonía, che te n’avvolga il serto.
     Essa in carmi le voci aduna, e stringe,
I carmi al canto il canto a varj oggetti
Adatta, e questi, quali son, ne pinge:
     E non men che pennel vivaci, e schietti
Farebbe al guardo, essa parlanti all’alma
Co’ suon gli rende imaginosi eletti 1
     Suon, che non lascian l’uditore in calma,
Ma nell’impeto lor lo muovon seco,
E sui fissi colori intera han palma.

  1. Non v’è forse altra lingua più atta ad emulare Armonia imitativa, o di espressione, che Omero col favor d’un Idioma senza pari portò a così alto segno, quanto l’Italiana, che almeno può in questo andar del pari colla Latina, ben inteso però che si debba por mente ad evitare l’abuso, e l’affettazione; nè converrebbe darsi a credere di avere la natura imitato nè la forza, e l’evidenza d’uno de’ più celebri passi d’Omero con verso pari a quello di un di lui Traduttore.
    E la vela squarciossi in tre, e quattro
    Ecco le Onomatopeje dell’arte quanto distanti da quelle che detta la natura!