Vai al contenuto

Pagina:Poemetti italiani, vol. I.djvu/197

Da Wikisource.

Far di sue glorie il sole
Dove nasce, dove arde, e dove more:
Nè certo fu stupore
Se di tal sangue uscito
Di cotal forte umanità nutrito
Nel fervor anche delle bellich’ire
Ebbe un dì poscia quel tuo figlio a dire,
Che più nobil trionfo era al suo ciglio
Dieci figli di Roma
Torre a mortal periglio,
Che non su cento aspri di lei nemici
Dell’aquile vittrici
Insanguinar l’artiglio;
     Ma l’aureo detto, e ’l mal seguito esempio
Offuscato dagli anni omai giacea
Vano ornamento al tempio
Dell’obbliata Dea:
Genio dell’uomo amico
Ben da più lustri è vero
Sotto altre spoglie in su la via smarrita
Ricondurre anelava il zelo antico
E più bello di gloria aprir sentiero:
Nè senza invidia il dico,
Quando potea Filosofia vestita
Dalla persuaditrice
Forza de’ carmi in gentil volto adorno.
Già molto ghiaccio intorno