Pagina:Poemetti italiani, vol. III.djvu/23

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     Le vie mille anni, e mille, e più nascose
Sotterra, in mezzo ’l sasso, dentro i monti;
Che pur sono a pensar mirabil cose.
     Che fora il veder Napoli coi fonti
Così nel sommo suo, come nel basso?
Altro saria, che aver marchesi e conti.
     Non perchè sia ’l terren fertile e grasso,
L’aria abbia infetta, che i cultor funeste:
Nè sia magro sabbione, o steril sasso,
     Perchè l’aria abbia pura: che son queste
Due vie sorelle, e ne dee far paura
Così la steriltà, come la peste.
     Non è sì scarsa, o povera natura,
Che ambedue grazie un loco aver non possa:
E far, ch’ove egli ha ’l petto, volga il tergo.
     Che ancor che non vi sia vapor terrestre,
Che l’aria ammorbi, son talora i venti,
Che fan le cose or prospere or sinestre.
     Non sempre appare ai visi delle genti,
Se ’l cielo è buono o reo; che spesso usate
Vivon sane ne’ luoghi pestilenti.
     Nè titol di salubre unqua gli date,
Se non è buon per le stagioni tutte;
E via più che di verno, anche di state.
     Pessimo è quel terren, benchè assai frutte,
Col qual bisogna che si metta a gioco
La vita del padrone, e seco lutte.