Pagina:Poemetti italiani, vol. III.djvu/24

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     Dissi dell’acqua: dico ancor del foco.
Abbia il poder comodità di legna;
Che ambedue fan bisogno in ogni loco.
     Abbiala sì, ch’arda alla villa, e vegna
Alla città col carro il rustic’uomo,
E ’l carbon sempre acceso vi sostegna.
     Voi d’altrui siete e vostro maggiordomo;
Sapete se le legne oggi son care;
Più che ’l guaiaco d’India, e ’l cinnamomo;
     E se qui senza bragia si può stare,
Quando ci soffia il vento di rovaio;
Oltre al bisogni, in che si suole oprare.
     Venga la prima sera di gennaio
Coi ceppi, e lauri suoi lo stuol selvaggio,
A chiedervi cantando alcun danaio,
     E coi fiori la prima alba di maggio
A suon d’alta sampogna; e porti in collo,
Per piantarlo in su l’uscio, integro un faggio.
     E con le legne or v’arrechi uova, or pollo;
Or questi doni, or quei: conformi al tempo,
O meni alto il suo carro, o basso Apollo.
     Susine e fichi, ed uve al caldo tempo
Nespole e sorbe al freddo, e pere e poma,
Frutta da fargli onor più lungo tempo.
     E stridano or sul carro or su la soma,
Leprotto, cavriol, porchetti, ed agni,
Quando il verno ha più bianca e barba e chioma.