Pagina:Poemetti italiani, vol. III.djvu/26

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     So che le donne valorose e belle,
E le persone dotte e virtuose
Non si dorrian sì spesso delle stelle.
     E Nisida, ch’or è delle vezzose,
Che cinga il mar da Gadi a Negroponte;
Saria delle più ricche e più famose:
     La qual se in quei primi anni ebbe occhi e fronte
Dolci, come or, non paia strano a vui,
Che ardesse del suo amore il vicin monte.
     Ma se a comprar s’avesse da colui,
Che prima la spogliò d’incolte vesti,
Per tre cotanti non saria d’altrui.
     Soglion dir quei sagaci uomini agresti,
Che amor di figlio e d’arbore è sembiante
Qualora uom di sua mano il pianti, o innesti.
     Se vi vien qualche giovane davante,
Cui siano appena i primi peli schiusi
Che faccia il cavalier, faccia l’amante;
     Non è bisogno allor, che da voi s’usi
Cotanta providenza; ma potreste
Comprar, come si dice, ad occhi chiusi:
     E tanto più, se si fan giostre o feste;
E ’l giovanetto a fregi, a pompe avezzo,
Vuol cavalli, e staffieri, ed arme e vesti.
     Comprate allor, se vi vendesse un pezzo
Di quei monti d’Aierola, o di Scala;
Che s’è aspro il terreno, è dolce il prezzo.