Pagina:Poemetti italiani, vol. III.djvu/27

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     Benchè la compra non fa buona, o mala,
In quanto al mio parer, s’uom se n’appaga,
Il meglio, o ’l più che ’l costo sale o cala:
     Purchè si pigli cosa buona e vaga,
Ancor che sian talor cari i partiti,
Con quel si compra, che di più si paga.
     Trovo uno errore, e d’uomini infiniti,
Che non s’emenderian del creder loro,
Se fosser come eretici puniti.
     Che si debban comprar voglion costoro,
Possession deserte, e d’uom mendico,
E pigro, acciò s’avanzin col lavoro.
     E di qui nacque quel proverbio antico,
Ch’è tra noi: magion fatta e terra sfatta.
Ed io tutto il contrario oggi vi dico.
     Il buon censor, ed altri che ne tratta,
Conchiudon, che cercar terra ben colta
Non men si debba, che magion ben fatta.
     E che faccenda più dannosa e stolta
Non si può fare, e dove uom più s’inganni,
Che possession comprar caduta e incolta.
     Non è meglio (lasciamo ir gli altri danni)
Goder dal primo giorno il ben già fatto,
Che quel, che s’ha da fare, attender gli anni?
     Da terra ben nudrita se n’ha ratto
L’usura in mano, e l’utiltà vien certa;
L’altra è dubbia, e dannosa al primo tratto.