Pagina:Poemetti italiani, vol. III.djvu/41

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     E se ’l pozzo s’adegua a par dell’orlo,
Nè fuor cresce il terren, nè dentro scema;
In grado di mezzan potrete porlo.
     Bagnata gleba uom con man tratti e prema;
Se invesca, e tra le dita ella s’attacca,
Di terra magra non abbiate tema:
     O se avventata a terra, non si fiacca,
Ma tutta insieme affissa ivi si resta,
Da vomer grave non sarà mai stracca.
     Per prova del sapor, vil sacco o cesta
S’empia di terra, e là dove più avversa
Ella vi pare, ed al fruttar men presta;
     E d’acqua dolce ben da su cospersa,
Premasi il cesto, o il sacco onde trapela
L’umor, che fuora a larghe gocce versa:
     Indi purgato da stamigna o tela,
In un vaso, qual vin, fatene il saggio;
E il sapor della terra ei vi rivela.
     S’egli ha del dolce, può comprarla uom saggio
S’è amaro o salso, al suo signor potrete
Dir: frate, addio, che sete più non aggio,
     Che estinta m’ha questo liquor la sete
Del poder vostro, che m’avea sì acceso,
Qual fontana d’Ardenna, o rio di Lete.
     S’ella è grave o leggiera, al proprio peso
Conoscer pote uom che non sia cultore,
Che n’abbia alquanto in su la palma preso.