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” Che muta in odio l’amorosa cura.
Ma da si lieta stanza ah! chi mi tragge
All’armi, allo spavento, al pianto, al sangue?
Stan d’Albione i forsennati figli
In due squadre divisi, il bianco fiore
Questa dispiega, ed il purpureo quella;
La discordia fatale agita, e scuote
La sanguinosa face, e quinci, e quindi
Scorre, e con piede egual calca superba
Le regie teste, e le vulgari insieme
Confuse, ignote in fra la polve, e il sangue,
E neglette ugualmente: il suol Britanno
Già di sangue civil tepido fuma,
E la Severna è colorata in rosso,
Fra tanti orridi oggetti, o tu, che sei
L’orrore istesso, che i più fanti dritti
Di Natura calpesti, e che spezzando
D’amico, di fratel, di sposo i dolci
E teneri legami, al prezzo infame
Di cotanti delitti ami comprarti
Un detestato regno, e come mai,
Dimmi, può lusingare il regio scettro
Tinto del sangue de’ più cari? e tanto
Può la sete di regno? al trono ascendi,
E il real manto dalla man tessuto
Dell’Eumenidi vesti; il giusto colpo
Lungi non è; con ferrea mano il Fato