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Folgorando da lungi iva ruotando
Su’ cerchi luminosi d’adamante;
E nel girarsi le minute e spesse
Facce ineguali delle scabre ruote
Parean di bianca e tremolante luce
Da ogni lato gettar vive faville.
Quattro destrier vieppiù che fiamma rossi
Per l’aeree sentiero impazienti
Traggon l’aurea quadriga: il piè focoso
Stampa nell’aria fiammeggianti tracce;
Lucido solco le ferventi ruote
Si lascian dietro, come face suole
Versata in giro. In mezzo al cocchio affiso
Stavasi Apollo: il riconobbi al biondo
Intonso capo, alla diletta fronda
Che gli velava il crine, ed all’eburnea
Cetra che al divin collo era sospesa.
Sedeangli appresso, e gli facean corona
Le Vergini sorelle, e al carro intorno
Portati sulle piume della santa
Aura, che spira dal Castalio fonte,
Spiegavan l’ali i più sublimi Cigni,
Che sul Tamigi un dì sciolsero il canto.
Venerabile in volto, e la canuta
Chioma cinto d’alloro al cielo ergea
I ciechi lumi quei che sovra l’ali
Serafiche poggiò fino alle stelle,