Pagina:Poemetti italiani, vol. X.djvu/120

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E l’arbore vietata, onde si colse
Dal primo genitor sì amaro frutto,
Coll’eroica cantò divina tromba.
Vedeasi accanto a lui della Tebana
Lira l’Erede, che spirar dal Gange
Al domator colla flessibil voce
Di Timoteo potè sì varj affetti.
E quei, che il furto della chioma bionda
Seppe cantare in sì soavi tempre.
Seguia colui, che il sanguinoso scempio
De’ figli di Parnaso alto piangendo
Contro il tiranno del canuto Vate
Di fulminante armò suono di morte
La profetica voce. Audace ingegno,
Che della gloria al faticoso monte
Due corsieri guidò fuoco spiranti
Dalle fervide nari, il collo cinti
Della fiamma, onde il folgor si disserra,
Che muovon strepitosi, e da lontano
Romoreggianti passi. Appresso folta
Schiera di lieti spirti iva cantando
Inni di lode al cenere sacrato.
Venia fra questi ancor, calzato il piede
Del tragico coturno, Ombra novella
L’Inglese Roscio, che, qual suol la molle
Cera docil vestir le varie forme
Sculte ne’ solchi della dura selce,