Pagina:Poesie inedite di Silvio Pellico I.djvu/319

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Qui v’è un incanto ch’a noi stende innanzi
     Remotissimi giorni, i giorni alteri,
     Allorchè barbarie infra gli avanzi
     12Fiorian città, castella e monasteri,
     E non sol grandeggiavan ne’ romanzi
     Le sante dame e i santi cavalieri,
     Ma di religïone e di portenti
     16Tutte fervean le più elevate menti.

V’abbondavan dolori, e v’abbondava
     D’armati rei la vïolenza atroce;
     Ma mentr’era sì forte ogn’indol prava,
     20Forte in cor degli eletti era la Croce!
     Di forza era un’età che suscitava
     Tra l’iniquo ed il buon guerra feroce:
     Stupor ci fa tal quadro e ci atterrisce,
     24Ma con somme virtù pur ci rapisce.

Io non posso adorar l’età lontane,
     Ma nè pertanto adorar so la mia,
     Chè troppo da vicin veggo profane
     28Opre d’assai maligna e vil genìa,
     Sì che gemendo alle speranze vane
     Di chi grida, or regnar filosofia,
     Io non ami onorar que’ vetust’anni
     32Di cui non sento almen tutti gli affanni.