Della cara angioletta, e la baciucchia.
Poscia gitta la mano amabilmente 535Sulle ricciute chiome del fanciullo,
E qua e là le palpa, indi pel ciuffo
A sè lo trae, e, baciatolo, gli dice:
— Sai tu che appunto sei, qual mi fu pinto
Da fedel dipintore, il padre tuo 540Ne’ suoi giorni d’infanzia? Inanellato
Il fulvo crin, larga la fronte, arditi
E amorevoli gli occhi . . .
E questi detti
Pronunciando, Ildegarde, involontaria
O accorta, alzava paventoso un guardo 545Sul cavaliero. Ed ei si perturbava
Ricordando Camillo. Allora la pia
Ambagi più non volve, e con candore
Dice quanta cagion siale di tristo
Rincrescimento il dissentir d’Irnaldo 550E di Camillo.
― O degna Elina! ov’anco
D’uno dei duo per indomato orgoglio
Quella discordia non cessasse, amiche
Esser non possiam noi? Commiserarci
Non possiam noi di questa ria fortuna, 555Ed amar nostri sposi, e niun furore