Pagina:Poesie inedite di Silvio Pellico II.djvu/280

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645Pareva e saggio, e invaso da potenza
Non si sapea se interna o celestiale.
     Abbietto di prosapia, alto d’ardire,
Vissuto in gravi studii, amico a’ sommi
Di dottrina e di cor, predicò, volle
650Che da Avignon la Pontificia Sede
Sul Tevere tornasse, e poichè udita
Non fu sua voce, sguäinò la spada,
Quasi guerrier profeta, e intitolossi
Tribuno e sire e correttor dell’orbe.
     655Tal fu l’audace senno o gl’incantesmi
Del plebeo fatto eroe, che al suo comando
Patrizi e popol si curvaro, e plausi
Ebbe da re lontani, e il suo stendardo
Parve a Petrarca stesso il destinato
660Per ristaurar giustizia e fede e pace.
     Ratto elevossi e ratto cadde, e ratto
S’elevò ancor l’incomprensibil forte,
Adorato e imprecato. Oh quante in esso
L’alma fidente di Roccel sognava
665Forze divine! Or nella vera patria
Ei si credea de’ generosi, e patria
A se medesmo Roma indi eleggea!
Sublimi, eterne gli parean le leggi
Di quel re popolano: alme d’eroi