155Ripigliando sclamò: — Quanto sei bella
Fiorenza mia! Quanto sei bella, o Italia,
In tutte le tue valli, ancorchè sparse
D’ossa infelici e di crudeli istorie!
E che monta che in genti altre sfavilli 160D’eccelsi troni maestà maggiore,
Mentre per varie signorie te reggi?
Chi può sfrondar della tua gloria il serto?
Chi a te delle gentili arti l’impero
Involar mai? Chi scancellar dal core 165D’ogn’uom che bevve al nascer suo quest’aure
La gioia d’esser Italo? la gioia
D’esser nepote dell’antica Roma
E figlio della nuova? Abbian fortune
Luminose altri popoli: in disdoro 170Mai non cadrà la venerata terra
Che domò l’universo, e dove eretta
Dall’Apostolo Pier fu la immortale
Face che tutti a salvamento chiama!
Ma bastan forse aviti pregi? Il grido 175Non vi colpì de’ miei robusti carmi?
E ch’altro, poetando io per lungh’anni,
Vi dissi, Itali, mai, fuorchè d’apporre
Nobiltà a nobiltà, virtù a virtude
Innanzi al mondo, e a voi medesmi, e a Dio?