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XII LA MORTE IN SOGNO.


Dii nieliora ferant, nec sint insomma vera
quae tulit extrema proxima noeta quies.

TlBXJIXO, III, 4.

Deh! volga il cielo a lieto augurio il nero

sogno feral, che s’affacciò presente

la scorsa notte al torbido pensiero;

sogno tuttora all’agitata mente
5vivo cosi, che quel terror pur anco,

che dormendo provò desta risente.

Tarda tacca la notte, ed io giá stanco
da lunga veglia a ricercar quiete
posai sul letto il travagliato fianco.10 I languid’occhi avea tra l’ombre chete

socchiusi appena, che in profonda calma
gli spirti mi sopí vapor di Lete.

E, o sogno fosse o vision de l’alma,
mi parve egra mirar, né come adesso
15ben dir saprei, la mia corporea salma.

Quasi in un altro me fuor di me stessa
io mi vedea qual uom che, all’ultim’ore
del viver, sia da grave morbo oppresso.
Bollian le vene di febbrile ardore,
20ansava il petto, e smunto il viso e macro

languia coperto di mortai pallore.

Stavami al letto in negra veste il sacro
ministro, e m’aspergea la faccia smorta,
benedicendo, del lustrai lavacro.