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della ragion di stato - iii 95


mente sia contro la persona de’ governanti, vero è però, che non si poteva metter in esecuzione, senza gran mortalitá de’ patrici.

Per fuggire ancora questi pericoli panni necessario, che vicino alla gran sala del consiglio, o dove tutti si radunano, abbino una gran sala, dove tenghino pronte, e per ordine disposte, armi e da difesa e da offesa; acciò in tempo di bisogno possano prevalersene, e per difesa e per trattenere almeno tanto tempo gli inimici che possano aspettare gli aiuti di fuori.

Ma di piú ancora devesi aver soldatesca pagata fedele, che nel tempo, che stanno radunati per consultare i negoci communi, faccino la guardia, e abbino le sentinelle nelle parti circumvicine: le quali due cose la prudentissima republica di Venezia so che con ogni diligenza osserva.

Capitolo II

Della ragion di stato degli ottimati,
che riguarda la conservazione del governo aristocratico.

Siccome ben diceva Aristotele, che a’ suoi tempi non si trovavano re, se bene Alessandro Magno allor viveva e regnava, ma bene monarchi; mostrando, che molti si trovano, che soli dominano a’ popoli, ma perché o non sono eletti per sue virtú eroiche, ma per favore o altro, o perché succedono a’ padri e avi dominanti; e perché non hanno il vero caratterismo dei re, cioè che tutti i loro pensieri siano volti all’utilitá publica, e piú siano intesi a procacciare il ben de’ sudditi, che ’l proprio, monarchi però si posson dire, perché soli hanno il dominio de’ popoli; ma prevalendo piú le virtú che i vizi, e pure riguardano direttamente il bene e utile del popolo: cosí nel governo aristocratico, o degli ottimati, vediamo occorrere, che non si trovano vere republiche aristocratiche, non essendo eletti quelli che governano per virtú, ma seguitando il governo o per elezione di famiglie nobili determinate, o per censo