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96 | ludovico settala |
stabilito, o per altra causa: possono però non meno esser annoverate tra le aristocratiche, che quelli chiamarsi re, se la mira
loro principale sará il buon governo, e il bene e l’utilitá dei
popoli. Anzi piú queste si possono avvicinare alla natura degli
ottimati, che i monarchi all’essenzia di vero re: essendo e piú
facile e piú frequente che uno piú attenda al proprio bene e
utile, che molti, contrappesandosi le potenze e autoritá di
molti tra di loro. Però non mancherò di trattare della ragion
di stato degli ottimati, applicando i precetti e gli avvertimenti
alle aristocrazie ancorché imperfette: le quali però s’acquistano
tal nome, e perché apparendo ne’ dominanti non poco pensiero dell’utilitá de’ sudditi, e non dispiacendo a’ medesimi il
modo del dominio, se bene non vi sono in effetto in quei che
dominano la vera virtú e la bontá dalla quale il nome di aristocrazia deriva, succedendo nel dominio le famiglie determinate, che perciò fra l’oligarchie migliori potrebbesi annoverare.
E in questo osserverò il medesimo ordine, che ho fatto nella
regia; prima proponendo i mezzi di conservare tal forma di
republica e preservarla dalla rovina o mutazione: tolti gli avvertimenti e l’accortezze dalla natura de’ dominanti, non avendo
riguardo ad altri, come sarebbe alla plebe, o a’ potenti e ricchi,
o ad uno che prevaglia agli altri in qualche cosa; secondariamente daremo i precetti, riguardando ciascun di quelli.
Capitolo III
Della ragion di stato aristocratica, la quale riguarda le azioni de’ dominanti per corregger e emendar gli errori che potessero sovvertire tale stato di republica.
Ben disse Aristotele nel quinto della Politica, che la republica tanto si conserverá (che questo abbiamo mostrato esser il fine della ragion di stato) quanto che le virtú civili e le buone leggi signoreggiaranno: imperciocché niuna insidia e niuna forza potrassi mai trovare, che possa abbattere una re-