Pagina:Politici e moralisti del Seicento, 1930 – BEIC 1898115.djvu/117

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della ragion di stato - iii 111


tempo un magistrato, e particolarmente militare e supremo, ad un solo. E perciò i romani la dittatura, che era supremo magistrato e che assolutamente comandava, non permisero che durasse piú di sei mesi: e di piú vi si aggiungeva il maestro de’ cavalieri, che potesse all’occasione impedire qualche tentativo, che si fosse intrapreso contro la patria. Ai consoli il supremo imperio negli eserciti e nelle spedizioni di guerra era d’un anno, dopo il quale se le mandava il console successore; se si prolongava per qualche importante necessitá, era fatto ciò con autoritá e licenza del senato; e per poco tempo l’essersi prolongato a Giulio Cesare il magistrato nella guerra di Francia, non distrusse egli la forma della republica romana mutandola di republica o democrazia in monarchia? Della qual cosa siffattamente esclama contro Cesare Marco Tullio in una certa epistola ad Attico con queste parole: «Che cosa si può fare piú superbamente? Hai tenuta la provincia per dieci anni non concessiti dal Senato, ma da te stesso per forza, e per mezzo delle fazioni usurpati; è giá passato il tempo, non della legge concessati, ma della tua ambizione: ma fa che sia dalla legge; ormai si determina, che ti sia dato il successore: l’impedisci dicendo, che vorresti che s’avesse riguardo alla persona tua e all’onore. Abbi tu riguardo al nostro. Dunque avrai un nostro esercito per piú longo tempo di quello, che ha comandato il senato?». La qual naturale superbia e desiderio della nobiltá di restar comandando nelli imperi, Caio Mario detestò, appresso Patercolo, con agri parole.

Per questo Aristotele nella Politica molto ben ci avvisò esser molto ben da fuggire in questa forma di republica l’eleggere due volte uno al medesimo magistrato, se sará dei maggiori: si accioché tutti possano partecipare degli onori e delle dignitá; si ancora acciò alcuno troppo potente, divenendo vago di quella grandezza, non procuri o con forza o con ingegno di piú non lasciarla, ma facendosene patrone mutare Io stato aristocratico in monarchico. Marco Rutilio Censorino, fatto dal popolo romano la seconda volta censore, congregatolo nel principio, acremente lo riprese, che due volte gli avessero imposto