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della ragion di stato - vii 135


Capitolo XIX

Della ragion di stato democratica, e dei modi,
con li quali la republica popolare si possa conservare.

La democrazia, o stato popolare, essendo tra le republiche corrotte, come che per il piú il popolo minuto di numero prevaglie, piú frequente vediamo appresso gli antichi essere stata, che di altra sorte: e perciò i politici piú si sono affaticati in insegnare i precetti per la conservazione di quella. Ma avendo noi mostrato in quella trovarsi due estremi e due mezzani modi; e degli estremi, uno se non perfettamente buono almeno tollerabile, e l’altro ultimo pessimo e insopportabile, anzi indegno di nome di governo, e perciò detto anarchia: penso io in questo capo proporre i mezzi solamente, che servono alla conservazione della prima, come durabile; essendo che l’ultima, non avendo fondamenti, veggo che con qualsivoglia gagliardo e forte puntello mai si potrá sostentare.

Per cominciare dunque dai mezzi e dai rimedi, con li quali si possano superare le difficoltá e vincere le cause di simili mali: ancora che dovrebbe bastare l’assegno delle cause giá annoverate delle rivoluzioni per rimediarvi; perché però nel medicare, se non vi si aggiunge la materia particolare de’ rimedi, la cura resta imperfetta: per adempire perfettamente questa preservazione e curazione di tanti mali, che soprastanno a questa maniera di republica, ho pensato di venire ancora ai rimedi particolari e alle avvertenze, con le quali si possano impedire i tumulti e levare le cause delle mutazioni e rovine di questo stato di republica.

E se è vero, come esser verissimo abbiamo dimostrato, che l’universalissimo fondamento delle discordie e delle cause delle mutazioni e rovine delle republiche, e in particolare della democrazia, è il titolo dell’ugualitá negli stati liberi: pretendendo la plebe infima per il nome di libertá, nella quale si trova, una ugualitá numerale, cioè che tutti in ogni cosa publica siano uguali; e per il contrario quelli, che sono di miglior fortuna,