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162 | torquato accetto |
si pensa e si fa, tutto va vestito con abito d’amore. Cosí dunque di Antioco, nell’amor verso Stratonica sua matrigna, ancorch’egli tacesse, si palesò l’incendio nelle vene e ne’ polsi. Non avea consentito di chiamarsi amante Didone, mentre Amor in figura di Ascanio trattava con lei; ma niuna cosa mancava, perché giá si vedesse accesa, come Virgilio va significando:
- Praecipue infelix pesti devota futurae
- expleri mentem nequit, ardescitque tuendo
- Phenissa et puero pariter donisque movetur.
Ed ancorché andasse velando gli stimoli della piaga interna, nel progresso del suo affetto,
- At regina gravi iamdudum saucia cura
- vulnus alit venis at caeco carpitur igni,
pur, quello che la lingua non avea publicato, fu espresso nelle strida della piaga ch’ella stessa disperata si fe’, conchiudendo Virgilio:
- Illa, graves oculos conata attollere, rursus
- deficit: infixum stridet sub pectore vulnus.
Di Erminia si ha, da Torquato Tasso, che avea dissimulato il suo pensiero, e ch’ella poi disse a Vafrino:
- Male amor si nasconde. A te sovente
- desiosa i’ chiedea del mio signore.
- Vedendo i segni tu d’inferma mente:
- Erminia, mi dicesti, ardi d’amore.
- Io te ’l negai, ma un mio sospiro ardente
- fu piú verace testimon del core;
- e ’n vece forse della lingua, il guardo
- manifestava il foco onde tutt’ardo.
Il medesimo dolor che tormenta gli amanti, se non bast’a far che dicano i loro affetti, si muta in ambizione amorosa di dimostrarli; e se gli animi onesti si contentano di non manifestarsi, con gran fatica si riducono a portar intiero il manto che ha da coprir tanti affanni.