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dal «tacito abburattato» 219


IV

DISCORSO SETTIMO

Argomento.

Crispo Salustio fu favoritissimo presso Tiberio; ma di lui racconta Tacito che, aetate provecta, speciem in amicitia principis quarti vim tenuit. Idque et Maecenati acciderat, fato potentiae raro sempiternae, an satias capit, aut illos cum omnia tribuerunt, aut hos cum iam nihil reliquum est, quod cupiant. (Annalium, lib. III).

Questo Salustio Crispo, per quanto si ritrae da Tacito, mentr’egli di lui dice: incolumi Maecenate proximus, inox praecipuus cui secreta imperatorum inniterentur, era stato intrinsechissimo a Tiberio. Or s’ei veramente avea giá posseduta l’amicizia sostanziale, come poi cadendone, era sol rimasto con l’apparenza? Dirá alcuno, perciò che Tiberio aveva preso a odiarlo, come consapevol della morte scelerata, fatta dare all’innocente Agrippa, cosa attissima a destar aborrimento, conciosia che quegli, il quale sa le nostre sceleraggini segrete, sia da noi temuto, e chi è temuto molto agevolmente venga aborrito. Dirá un altro, con motivo dallo [stesso] Tacito somministratoli, che i prencipi son facilissimi nel ristuccarsi; onde, essendo ciò avvenuto nell’imperator verso Salustio, quindi giú lo avea balzato dal possesso vero della sua grazia. Ma per veritá, se Crispo possedea nell’amicizia la sodezza, fosse od odio o sazietá che avessel tracollato, non avria né quel né questa ciò operato in modo, ch’egli ancor amico di apparenza si rimanesse. Troppo poco sa di corte, chi non sa che i grandi passati con gli affetti da un estremo all’altro, senza che si fermino dentro alcun mezzo. Sono tutti ambizione, e tutta eccessi è l’ambizione.