Pagina:Politici e moralisti del Seicento, 1930 – BEIC 1898115.djvu/302

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(Serie dei testi di lingua4, n. 2114) lo segnalò come «dettato con vivacitá e leggiadria e da essere accolto da ogni professore di belle lettere»; e quanto al discorso Della ragione di stato, basta notare che esso è la fonte ispiratrice di tutto il vasto trattato del Settala, il quale anzi lo cita espressamente1 e ne ripete i ragionamenti nella ricerca di un genere comune alla buona e alla rea ragion di stato (che finisce per riporre nella prudenza). Ma giá il suo traduttore latino, il Garmers, mostrava di conoscere ben poco la personalitá dell’autore, forse perché di lui, dopo morto, non si pubblicò alcuna biografia od elogio2. Le incertezze degli eruditi, delle quali abbiamo discorso, si trovano poi ancora aggravate nel secolo scorso. Giuseppe Ferrari, — che lesse alcuni scritti dello Zuccolo senza penetrarne i concetti teorici né rendere giustizia alla loro importanza scientifica, ma avverti per altro la passione morale che li animava,3 — credette addirittura che lo Zuccolo fosse di San Marino. Di questo passo si comprende come la cosí detta «scuola storica» arrivasse, per le penne del Follano e del Belloni4,

  1. Della ragion di stato, lib. I, 8: in questo volume, a pp. 66-67.
  2. «Quod ad auctorem ipsum attinet, Italus fuit gente, patria Picentinus: ut sedem suam post illa Madritii posuit..... An vero regibus etiam fuerit a consiliis, vel ab itisdem ad publicum aliquod munus admotus sit, cum certi mihi de ea re nihil constet, nec quidquam etiam asserete libuit. Crediderim tamen tantus ingenii dotes Hispaniarum, cum virtutum doctrinaeque aestimatores maximi esse soleant, haud quaquam neglexisse. Qua fuerit aetate, cum haec atque alla edidit scripta, aeque ac antecedens caliginosa premitur noe te. Fuisse tamen σύγχρονον Septalio licet mihi affirmare, non omnino tamen aetate aequalem. Id certum est, ante illos Sepialii libros de Ratione status, hanc dissertationem nonnullasque alias iam prodisse».
  3. Corso sugli scrittori politici italiani, lez. XX (nuova ediz., Milano, Monanni, 1929, pp. 380-3S4): dove sono citati, oltre al Belluzzo, i soli dialoghi Della repubblica di Evandria e Della repubblica di Utopia.
  4. F. Foffano, Ricerche letterarie (Livorno, 1897), p. 238; A. Belloni, Il Seicento, (1a ed., 1899), p. 387. Qualche accenno piú esatto in Trabalza, op. cit., pp. 277, 285 (per le teorie letterarie). Nella seconda edizione del Seicento (Milano, 1929, pp. 467-469) il Belloni ha voluto ancora difendere il suo giudizio negativo, sostenendo che «la teoria dello Z. lascia aperto l’adito a qualunque giustificazione»; che «in definitiva (ma in pienissima buona fede, s’intende) lo Z. ha dato, con la sua definizione filosofica del concetto di ragion di stato, una legittimazione alla formula che il fine giustifica i mezzi». Contro i quali argomenti è da osservare che il pensiero dello Zuccolo non si comprende se non si giunge ad afferrare il problema della autonomia della politica, intorno al quale esso si svolge: mentre la «giustificazione» dei mezzi secondo il fine è soluzione di un ben diverso problema, quello dei rapporti tra politica e morale, caro ai teorici della Controriforma, ma diverso dalla nuova esigenza affermata dallo Z. 11 Belloni poi cerca di mostrare che il libro criticato dal Boccalini nei Ragguagli di Parnaso, ragg. LXXXVII della II Centuria