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Pagina:Politici e moralisti del Seicento, 1930 – BEIC 1898115.djvu/56

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50 ludovico settala


Del governo e della ragion di stato, e particolarmente nel terzo capo della prima parte, dove volendo diffinirla dice, governo, arte di governare, e ragion di stato essere l’istesso: conoscerá per le cose, che mostreremo appartenere alla ragion di stato, restringersi a meno che non contiene il governo, o arte di governare. Conciosia cosa che quello mira principalmente al ben publico, e la ragione di stato piú al bene di coloro, che sono capi della republica: quello abbraccia tutto il corpo della republica, e questa si restrigne se non a certi pochi casi particolari. Sí che la ragion di stato o sará membro della politica, o arte a quella subalternata; e perciò doverassi restringere tra confini assai piú angusti, che la politica. Il dottissimo libro poi del mio signor Federico Bonaventura, intitolato Della ragion di stato e prudenza politica, quasi tutto si consuma in ritrovare la vera definizione della ragion di stato, e in quali cose fatichi la prudenza politica, e quale delle sue specie sia quella, che serve alla ragion di stato: né viene a farci sapere, quali siano i mezzi, de’ quali ciascuna delle specie delle Republiche si serva, per conservarsi nello stato, nel quale si ritrova e desidera. Ci resta adunque e aperto il campo di poter da capo ripigliare questa materia, e con qualche ordine e metodo insegnarla. Né sia chi dica, questa essere materia da essere trattata, o da prencipi, o da consegliere o secretano di prencipe, e non da medico o filosofo: perché potrò rispondere, Platone e Aristotele, i quali piú di tutti si sono in questo affaticati, e non solamente posti i fondamenti a quest’arte, ma perfettamente fabricatala, essere stati filosofi; e che io in questa mia etá di settantatré anni, avendo osservate tante cose e azioni de’ prencipi e republiche, con non poca curiositá, e avendo letto tanti storici di tante nazioni e linguaggi, e cavatone molti universali da’ particolari, e molti particolari dagli universali, e tanti scrittori politici, tanto di quelli che commentano i libri politici d’Aristotele, come di quelli che scrivono di politica, formando o prencipe buono, o perfetta republica, o rappresentando il tiranno e sue astuzie e artifizi per conservar sé e il loro stato, o facendo discorsi politici, e cavando regole, precetti, o massime