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62 ludovico settala


restringenti il genere: la prima, intorno ai maggiori beni del governo, mi pare troppo universale; essendo molti i beni grandi e maggiori del governo, circa li quali non vi occorre la ragion di stato, tali essendo le leggi scritte, che con quella non hanno che fare. Né vale lo spiegare che, per maggiori, si debbano intendere tra le grandi le maggiori: sí perché le leggi scritte sono quelle, che piú conservano la buona republica, che hanno per principale scopo il ben de’ popoli, al quale le leggi sono indrizzate; oltre che le parole delle definizioni devono esser chiare, non ambigue, e maggiormente quelle che sono poste per la differenza, se bene deve ristringere il genere. L’altra poi, cioè che non sia obligata ad altra ragione, ancora piú oscura mi pare e ambigua; e perciò vien dall’autore spiegata, che non sia obligata se non alla sua propria, e a se medesima, e ad essa buona consultazione: la quale non è altro, che ragione, e retta e vera ragione. Imperciocché le definizioni devono esser chiare, e la differenza chiarissima: cosa che in questa particella non si trova, perché il dire, la ragion di stato non esser obligata ad altra ragione, ciascuno potrá pensare esser sopra la ragion divina e di natura. E se bene si spiega, che dependendo dalla vera prudenza consultativa, non potrá deliberare cosa, che sia contro la legge di Dio e di natura; è però vero, che è parola ambigua, che non si ammette nella diffinizione. Oltre che, la ragion di stato delle ree, non dependendo dalla vera prudenza, ma essendo una certa avvedutezza, la quale con le ree ha quella proporzione che la prudenza ha con le buone, non potrá ammettere quella interpretazione né quella scusa. Essendo dunque questa diffinizione per sé imperfetta, non accomodandosi a tutte le ragioni di stato, e il genere troppo ristretto, e le differenze ambigue, oscure, né bene specificanti il genere, non si doverá per buona ricevere.