Pagina:Politici e moralisti del Seicento, 1930 – BEIC 1898115.djvu/73

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della ragion di stato - i 67


di giustizia, che è tra corsari e altri ladroni, pur suole ancor nominarsi giustizia: forsi anco non sarebbe disdicevole chiamar prudenza la ragion di stato del tiranno e de’ pochi potenti, per la somiglianza che tengono con quella prudenza, la quale è nelle buone republiche della forma introduttrice e conservatrice; che cosí verrebbesi a diffinire per un genere piú prossimo, e piú proprio.

Sará dunque la ragion di stato un abito dell’intelletto pratico, detto prudenza o avvedutezza, per lo quale gli uomini dopo la consultazione deliberano circa i mezzi e modi, con li quali possano introdurre o conservare quella forma di dominio, nella quale sono posti. Veggo però esser almeno questa definizione in quella parte ripresa, nella quale pongo la ragion di stato ancora nella fondazione o introduzione: perché si come ad ogni artefice è necessario, che sia apparecchiata la materia conveniente, intorno a cui si affatica; cosí dovendosi esercitare la ragion di stato, è necessario che siano giá in essere e lo stato e il prencipe come propria materia da lei presuposta, in cui si ferma e intorno a cui s’affatica: ma chi fonda uno stato, non si può dire assolutamente che lo possieda. Mi riprenderanno forsi di piú, che abbia tralasciato l’ampliazione, che però presso d’alcuni ha bisogno della ragion di stato, e questa a quella ancora pare indrizzata. Ma se bene considerammo le cose, conosceremo cotali esser in grave errore; perché quantunque non possa la ragion di stato porsi in uso, quando manchi o l’operante o lo stato, intorno al quale egli faccia le sue operazioni: può nondimeno, per esempio, la ragion di stato regia porsi in opera, prima che altro sia re, o che sia in essere il regno; e cosí la tirannica, e tutte le altre. Perché Dionisio, Pisistrato e Cesare, innanzi che introducessero le tirannidi in Siracusa in Atene in Roma, si valsero di quei mezzi e di quei modi di ragion tirannica, che gli potevano sublimare all’imperio della patria. L’accrescimento poi del dominio non pare che troppo bene si accomodi con la ragion di stato: perché essendo questa principalmente indrizzata alla conservazione della forma del dominio, non si potrá se non impropria-