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78 | ludovico settala |
alle sue parole piú si desse fede che a’ giuramenti degli altri,
perché se bene a tutti conviene servar la fede data, a’ prencipi
però e nelle cose publiche molto piú; essendoché, come ci insegnò Cicerone nel terzo Degli uffici, «nissuna cosa piú conserva la republica che la fede, in maniera, che ancora agli
inimici si deve servare». Se consideriamo le condizioni del
prencipe, quale è quella cosa che meno gli convenga, che la
fraude e l’inganno, e che i pensieri suoi non all’umana utilitá,
ma al proprio interesse siano volti? Ben disse Agesilao presso
Senofonte, che alla grandezza di un re non conviene l’astuzia,
e l’inganno, ma la sinceritá, e l’eccellenza di bontá. E questo
avanti di lui ci insegnò Salomone al diciassettesimo de’ Proverbi
quando disse: Non decet principem labrum mentiens; perché,
come disse Tertulliano nel secondo contro Marcione, è cosa da
uomo cattivo tesser inganni, perché ciò si può fare senza distruggere la veritá, essendo che la bugia sempre o inganna, o
nuoce. Se io volessi qui con essempi, e tolti da’ romani e dalle
azioni d’altri prencipi e antichi e moderni, ciò dimostrare,
dubiterei di passar i termini, che in questo libro mi sono prefisso: e tanto piú avendo cosí abondantemente ciò fatto il dottissimo Gioanni Chokier nel suo Tesoro degli aforismi politici
nel libro secondo.
E se noi non dalli essempi vogliamo ciò cavare, ma essaminar la cosa piú sottilmente, vedremo il mancar di fede, l’ingannare e la bugia esser drittamente contrari alla natura: conciosiacosa che non possa l’umano intelletto, che per suo adeguato e primo oggetto ha il vero, acconsentire, se non quanto egli sotto sembianza è ingannato, al falso. Nondimeno gli uomini e i prencipi, specialmente per un guasto e corrotto uso ricevuto giá tra di loro, par che abbino il mentire per bell’arte: perciocché dicono non potere esser fermo e stabile il loro governo, né altrimenti la loro grandezza e dignitá potersi conservare, se a luogo e tempo non si mischiano degli inganni e delle fraudi. Eccovi che dice Emilio Lepido, presso Salustio ne’ fragmenti: «Niente è glorioso, se non è coperto sotto lo scudo dell’inganno». E questo è quello che presso Seneca disse