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l’asino | 49 |
che mi ha educato, che mi ha diretto in questi studi; sicchè a lui si deve tutto quel che c’è in me degno di lode, — se qualcosa credete che in me valga...
Par. — Ma io mi meraviglio come Lucio Crasso, così obeso di persona e non molto in forze, potesse salire, sì di frequente come odo da te, questa collina, per quanto amena pur di non troppo facile salita.
Azz. — Ci veniva anzi con grande piacere; poichè spesso si sedeva all’ombra di qualche albero, o si riposava sedendo su qualche sasso ricoperto di muschio, recitando di quando in quando o delle brevi poesie sue, o versi di antichi poeti; prendendone occasione spesso per insegnarci qualcosa, o per domandarne a noi che lo seguivamo. Inoltre, perchè la fatica dell’ascesa fosse più lieve, ci soleva dire che questo, come per lui così anche per noi, doveva essere il sacro colle d’Elicona; e che al tempio delle Muse non si poteva giungere se non per quello stesso clivo che Virgilio soleva salir tutti i giorni, e dove più tardi si era comprata una villa, e dove per testamento aveva voluto essere sepolto.
Alt. — In ciò, come in tutto il resto, parlava ottimamente il nostro Lucio. Ma siccome ora c’è altra cosa da fare ed altra cosa ci fa star così male, lasciamo per un momento di parlar di quello ch’egli vale, e domandiamo ad Azzio se egli conosca qualche via per rimediare alla pazzia del nostro gran Vecchio. Di’ dunque, Azzio: quando tu vivevi presso di lui in Roma, come si diportò Gioviano nel corso vario dei negoziati, sia per consigliare sia per comporre la pace, sia in città che negli accampamenti?... O anche durante il viaggio... Spiegaci, dicci tutto quello che sai: si tratta di cosa che ci riguarda tutti ugualmente.
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