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110 l’amor coniugale

Ascolta, o Cicerisco, il corvo ch’è sopra la gronda,
corvo che sa i lamenti del vecchio padrone, non senti
quello che seco stesso e medita e crocida e geme?
“Anche dei morti l’ombre mi sfuggon, la vita s’aggreva:
perché, perché di noi, o venti, pensier non vi prende?”195

cicerisco


Anzi potrei gli orecchi ai vecchi battenti accostare
dove la porta è fessa. Tu qui resterai, o Faburno.

faburno


Oh, ma leggiam piuttosto là dove i cipressi superbi
e i loti e i cedri incise conservan le tristi parole.
“Api, perdon, se mai i succhi piú amari cogliete,200
colpa è delle mie lacrime sui prati e sugli argini sparse.
Oh dolore, oh desio! e gli antri e le rupi e le selve,
valli e giardini e fiumi ricordano il pianto del vecchio.
Memore il tufo ancora qui reca vestigia di pianto:
gocce di lacrime versa dai tristi suoi occhi bevute,205
tal che persino il sasso egli à testimone al dolore.

cicerisco


Piange egli ancor, ma forse potrà consolarsi, o Faburno,
molte di già parole lo mostrano e molti suoi canti:
ben osservai quel volto e bene notai la sua voce.
Mentre un canestro forma con vimini scelti, sedendo210
sulla sua porta, Orfeo che sé col suo canto consola
alla compagna insieme ei sta figurando e per ogni
giunco il suo memore pianto la sposa perduta lamenta.
“Chi sanerà del mio cuore l’acerba ferita?” egli canta,