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È triste la conclusione alla quale sono arrivato: le lacrime del misero cantore di Nerina riassumono le lacrime dell’umanità, che da secoli e secoli si affatica per sollevare il misterioso velo di Iside. È triste, ma non è selvaggia come la conclusione che Tommaso Huxley, il più fedele discepolo di Darwin, è onestamente costretto a ricavare da quelle leggi dell’evoluzione organica, troppo leggermente proposte ai giorni nostri come regolatrici, per estensione analogica, dell’umano consorzio. No, l’etica non si fonda copiando nelle società umane il principio della “lotta per l’esistenza„ che informa l’evoluzione delle specie organiche; è più caro all’uomo che ama, che spera, che soffre, intravvederne le leggi attraverso le armonie celesti. Il filosofo tedesco che nello scorso secolo, precorrendo Laplace, ha fondato la teoria dell’evoluzione cosmica, Emanuele Kant, ha scelto ad epigrafe della prima parte della sua opera su questo soggetto i seguenti versi di Pope:

Look round our World; behold the chain of Love
Combining all below and all above1.

Ecco l’ultimo ammaestramento che a noi dà l’Astronomia. L’inesorabile successione degli avvenimenti celesti, la vicenda non più misteriosa dei giorni e delle notti, l’alternarsi delle stagioni, i moti lenti e solenni degli astri, tutto ci insegna essere “vano nelle Fata dar di cozzo„; i mondi corrono (e noi con

  1. Regarde notre monde; en haut, en bas, partout
    Une chaîne d’amour enlace ce grand tout.