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Pagina:Prati, Giovanni – Poesie varie, Vol. I, 1916 – BEIC 1901289.djvu/146

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140 v - da «memorie e lacrime»



4

     E se anco eterne imperversasser l’ire
della sorte, che in noi volge sí dura,
e accorresse la turba a seppellire
meco i miei carmi (infausta sepoltura!);
     veramente la mia trista ventura
non sará piena: ché gli udran ridire
da quella or piccioletta creatura,
che Elisa mi lasciò pria di morire.
     Lunghesso un rivo, al tramontar del sole,
ella verrá piangendo; e in quell’affanno
canterá i carmi che le piacquer tanto.
     E gli uccelletti e l’aure e le viole
con pietosa dolcezza esclameranno:
— Come è gentil la cantatrice e il canto! —


5

     — Com’è gentil la cantatrice e il canto! —
cosí diran di quelle dolci note:
e tu repente sulle rosee gote
sentirai, figlia mia, scorrerti il pianto.
     Se un curioso, che ti passa accanto,
di ciò s’avvegga, interrogar ti puote;
e tu le inchieste di responso vuote
non lasciar, né ti pesi il suo compianto.
     Ei tutto e presto obblierá. Ma, quando
(e ciò s’avvera), al tempo ahi! non piú vivo,
gli anderá mesto e intenerito il core,
     fia che rammenti, e forse lacrimando,
una pia giovinetta in margo a un rivo,
e un sol morente, ed un canto d’amore.