55tutto in quell’angelo
ridea dipinto.
Ma, dal cinabro
molle del labro
quando l’accento 60sentii fluir,
sí acuto e forte
fu il rapimento,
che nella morte
credei vanir.
65— Scoti la nebbia e svégliati
dal gaudio, amico mio.
Serbasti in cor sí fido
e sí gentil desio
qua nel terrestre nido 70di salutarmi un dí,
che un’ora anch’io dal santo
mio cerchio mi divido,
per riveder chi tanto
d’anni e d’amor languí.
75Non mi guardar sí attonito!
« Per rivederti » ho detto,
ché giá ti vidi in culla
festante pargoletto
con l’anima fanciulla 80piena di luce ancor,
che ride e nulla intende,
che scherza e non sa nulla
di questa, in cui discende,
caverna del dolor.