275d’assiderarsi alle perpetue brume
del Boristene. Chi trascorrer lascia
le gentili tue donne e non si sente
rapito all’aria de’ leggiadri aspetti,
non merta mai bacio d’amante. E quando 280al grazioso favellar festivo
non esilara il cor, l’ultima Islanda
io ben dirò che gli fu madre. Al cupo
tempestar della mente e agli odii ingrati
della terra natale, e a qualche arcano 285e tremendo peccato, in queste tue
ospiti rive, dopo lunga guerra,
trovò riposo un esule ; e talvolta
brillò la gioia ne’ fulminei sguardi
del poeta d’Aroldo. Alle solinghe 290ore di quella traviata i canti
del poeta d’Aroldo eran compagni.
E quella sera le correan a forza
la mente e gli occhi sui dolenti casi
di Parisina. Alla fatal lettura, 295ecco repente tramortir la lampa,
stridere i vetri: ella riapre e chiude
piú volte il libro, e pallida, d’intorno
sguardando, le parea dalla oscillante
parete lampeggiar l’ombra del duca. 300Popolata è la piazza, e sotto il doppio
ordin degli archi in allegria passeggia
la varia gente. Assiso era col padre
il fanciullin da un canto. E con le bianche
dita sfogliava una recente rosa, 305che la gentil fioraia, in trapassando,
data gli avea. Dal doloroso petto
sospirò Arrigo a contemplar divelta
la beltá di quel fior.