Pagina:Prati, Giovanni – Poesie varie, Vol. II, 1916 – BEIC 1901920.djvu/282

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picchiò di Béroe il cacciator, chiedendo
ricovro alla bufera.
— Ove ti piaccia
120degnar di te questo romito albergo,
ospite egregio, le tue vesti asciuga
presso al mio foco e, se pudor noi vieta,
e segue il vento a flagellar la selva,
lá sul giaciglio di Tissandro adagia
125le stanche membra e ti conforti il sonno.
Io veglierò, dalla conocchia il filo
traendo in pace.
— Ti ringrazio, ornata
di saggezza e candor, Béroe cortese.
Ma Tissandro dov’è?
— Per sua faccenda
130ito è in Corinto.
— E tu soletta in queste
notti nembose non paventi alcuna
villania di ladroni?
— A me custode
fu Diana, o signor, dal di ch’io nacqui;
e, temendo gli dèi, d’altro non temo.
135—Come ben pensi e come ben favelli,
Béroe prudente! ond’io prego i celesti
che su te, su Tissandro e sul tuo nido
veglino sempre. —
E il nobile Peléo,
cosi dicendo, dal tepor del loco
140vinto e dal sonno, reclinò la stanca
testa al giaciglio. Una fatica arcana
parimenti occupò Béroe sul rude
sgabello assisa, e la palpebra un forte
sopor le chiuse. E, come il finto in sogno
145spesso è si vivo che del finto il vero
men ver ci sembra, di veder le parve,
sospinto l’uscio al rustico abituro,