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Pagina:Prato - Il protezionismo operaio - 1910.pdf/114

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Avocando a sé espressamente, nel 1876, tale materia, il Con- gresso non faceva dunque che riconoscere uno stato di cose già pra- ticamente instaurato dall’autorità dei magistrati e rispondente agli insegnamenti dell’esperienza. Il fatto non manco tuttavia di impor- tanza, Come un primo sintomo del proposito dei governanti di voler inaugurare una politica intervenzionistica, contrastante coi criteri di laissez-faire fino ad allora prevalsi. E non tard6 infatti a tradursi in atto la tendenza con la legge del 3 agosto 1882, escludente i mente- catti, gli inetti a guadagnarsi la vita e i pregiudicati, e imponente una tassa personale di ingresso di mezzo dollaro, il cui provento do- veva sopperire alle spese di ispezione e contribuire a quelle di assi- stenza per gli stranieri caduti in indigenza.

Un carattere protezionistico assai pit accentuato ebbe pero l’atto 26 febbraio 1885, proposto e votato sotto la pressione delle organiz- zazioni operaie, crescenti di numero e di forza e associate nella po- tente federazione nota col nome di Cavalieri del lavoro (1); atto che ebbe per oggetto l’esclusione degli operai importati in virtù d’un pre- cedente contratto di impiego, eccezion fatta per gli artisti, i dome- stici ed i lavoratori abili appartenenti ad industrie nuove, sempre quando non esistesse sul luogo mano d’opera adatta in quantità suf- ficiente. Sanzioni severe furon emanate, a complemento del divieto, dagli atti 23 febbraio 1887 e 18 ottobre 1888, senza ottenere tuttavia, anche per la interpretazione letterale data dalla giurisprudenza al-

l'espressione « contratto di lavoro », che cessasse l’uso degli impren-



  1. (1) Le ostilità delle leghe operaie contro gli stranieri di razza bianca erano pero incominciate assai prima, la dove l’unionismo si era sviluppato pit presto. Sulla costa del Pacifico, p. es., fin dal 1849 i minatori tentarono di escludere dalla loro industria tutti gli stranieri, o almeno i non naturalizzati, accontentandosi poi di vietarne in parte l’esercizio ai cinesi. Nel 1866 le unioni californesi diramarono circolari negli Stati orientali per dissuadere i bianchi dal venire in California, dipingendo a foschi colori, con spudorate bugie, i bassi salari, l’alto costo dei ter- reni e della vita, i monopoli tirannici di certe imprese. Se, ciò nonostante, gli immigranti preferivano credere alle informazioni degli uffici di immigrazione uffi- ciali che a tali frottole, essi venivano, appena arrivati, invitati formalmente ad entrare in una lega, pena i] più insostenibile boicottaggio. Se poi i nuovi venuti fossero alquanto numerosi, si rifiutava di ammetterli nelle organizzazioni e si inti- mava loro di rimpatriare al pit presto, fornendone loro perfino i mezzi, in caso di bisogno. Se si ostinavano a rimanere erano dichiarati scabs e non infrequente- mente attaccati, feriti e talvolta uccisi. La persecuzione violenta al crumiro a S. Francisco non fu punto un sistema di concorrenza limitato ai tempi di scio- pero; ma una pratica regolare, normale e persistente, intesa allo scopo di gua- rentire un monopolio. Cfr. I. Hirren, “ The benefits of Chinese immigration , in Overland Monthly, 1886, n, 7.