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Pagina:Prato - Il protezionismo operaio - 1910.pdf/123

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compromettere per sempre la sorgente di prospera attività procurata al paese dalle spontanee correnti d’oltre oceano, ponendo in non cale l’autorevole parere dei tecnici affermanti il bisogno d’una sempre maggior offerta di lavoro, l’esitazione anche delle meno scrupolose coscienze fa spesso dimenticare le più categoriche promesse elet- torali.

Se la generosità della plutocrazia in causa intervenga talora a tener desto negli onorevoli rappresentanti della nazione i sensi di lungiveggente patriottismo, in conflitto cogli impegni dei loro pro- grammi, nessuno é in grado di asserire con certezza. Certo é che, nel gigantesco conflitto di interessi che intorno a loro si combatte, ad un ben tenue filo pende la sorte futura delle più umili classi di emi- granti, da quando alla cordiale ospitalità antica è successo nel pub- blico yankee il sentimento che l’on. Frank B. Gary brutalmente espri- meva, il 18 febbraio 1909, dinnanzi al senato federale: « Fu a lungo nostro vanto che 1’America offrisse un'asilo agli oppressi d’ogni nazione, e la liberta che illumina il mondo fu eretta a segnacolo e simbolo nelle nostre coste. E’ gran tempo, sig. presidente, che queste frasi sian relegate nel limbo dei ferravecchi usati, per dar luogo al piùpratico modo di vedere che il nostro interesse deve essere esclu- sivamente tenuto di mira» (1).


VI.


« Wide open and unguarded stand our gates, And through them press a wild, a moltey throng — Men from the Volga and the tartar steppes, Featureless figures of the Hoang-Ho Maylayan, Scythian, Teuton, Kelt, and Slay. Flyng the Old World’s poverty and scorn; These bringing with them unknown gods and rites, Those tiger passions, here to stretch theyr claws. In street and alley what strange tongues are these, Accents of menace alien to our air, Voices that once the tower of Babel knew! O, Liberty, white Goddes, is it well

To leave the gates unguarded? Oh thy breast



  1. (1) Cfr. The immigration commission and the immigration problem (Speech of 18 feb. 1909). Washington, 1909, pag. 18.