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Pagina:Prato - Il protezionismo operaio - 1910.pdf/137

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sone che sono al corrente del vero stato delle cose il sopportare pa- zientemente tali asserzioni, da persone cosi ignorant, poiché real- mente i fatti dimostrano il contrario di quanto viene affermato al riguardo ».

Certo inconvenienti avvengono, a cui poche modifiche alle leggi esistenti potranno recar qualche riparo. Convien convincersi pero che essi sono in buona parte inseparabili dall’esistenza stessa del feno- meno, il quale rappresenta ciò non di meno tale una benedizione na- zionale che sarebbe delitto e follia restringerlo od ostacolarlo in omaggio ad esagerazioni od a pregiudizi che non reggono alla prova d’una spassionata esperienza. «I fautori del miglioramento delle razze per mezzo della selezione sempre paragonano gli uomini agli animali od alle erbe; e ciò denota soltanto la bassa opinione che essi hanno della maggioranza degli uomini. Essi deplorano sempre un pos- sibile, quasi inevitabile deterioramento della razza indigena per mezzo di cattivi innesti, e si ostinano a non vedere lo sviluppo e il progresso, apparenti ovunque, i quali senza dubbio dimostrano che tutte le razze europee posson essere assimilate ».

Testimonianze tanto autorevoli non sarebbero del resto indispen- sabili a mettere in guardia anche un lettore straniero, e quindi meno competente, contro gli errori molto trasparenti di interpretazione che si celano nelle statistiche addotte a sostegno della tesi proibizio- nistica.

L’Hall, per esempio, che é forse il pit coscienzioso rappresen- tante di tale indirizzo, sceglie con molta abilita i dati che gli fan co- modo, astenendosi da quei colpi d’occhi d’insieme che formano un pregio del lavoro contrario dell’Austin. Il confrontare ch’egli fa, quanto a pauperismo e delinquenza, le masse straniere colle indigene, per dedurne la necessaria inferiorità morale delle prime, non Ci sembra serio.

E’ risaputo che una popolazione immigrante, per la sua com- posizione rispetto alle età ed ai sessi, per le condizioni precarie di vita, per il rallentarsi dei vincoli famigliari, offre sempre, nei primi tempi, un campo più propizio allo svolgersi della criminalità, del vizio e della miseria. Ma questa verità vale per tutti i tempi e per tutte le razze, non è privilegio di nazionalità o di categorie speciali. Dai dati dell’Hall stesso risulta che la proporzione di stranieri al totale degli indigenti era del 39,1 per cento nel 1860, quando la grandissima maggioranza degli immigranti era anglo-sassone 0 teutonica, e solo del 38,9 per cento nel 1890, allorché già si accentuava l’invasione slava e latina (p. 164).

Lo stesso può dirsi degli altri indici di pervertimento, ove si