Vai al contenuto

Pagina:Prato - Il protezionismo operaio - 1910.pdf/147

Da Wikisource.

- 147 -


Le Febvre li respinge tutti, tanto in vista delle difficoltà internazionali che ne scaturirebbero, quanto in considerazione del « carattere retro- grado e miserabile di provvedimenti che condurrebbero allo stabili- mento delle muraglie della Cina fra i popoli ed alla esasperazione delle più odiose passioni ». Egli pretende risolvere la questione do- mandando, nel nome del proletariato organizzato, che si fissi per legge il salario minimo. Si tratta, non di combattere l’immigrazione in sé stessa, ma soltanto in quanto essa é causa di deprezzamento dei salari. « Quando sia stabilito e mantenuto il salario nella misura nor- male necessaria alla vita, immigrazione, pur rimanendo libera, si regolerà sui bisogni dell’industria e dell’agricoltura e non su quelli fittizi, che la concorrenza e la speculazione creano ».

Per quanto discordi nei mezzi, protezionismo e lotta di classe convergon cosi le loro forze nella guerra allo straniero; e, dal marzo 1902 (data del rapporto Tornielli) in poi, i disegni di esclusione si moltiplicano (1), senza riuscire tuttavia a recar in porto una legge protettrice veramente organica, corrispondente ai voti delle masse popolari.

Allo scopo pero cui non si osava direttamente mirare, anche per considerazioni d’indole internazionale, si tentò giungere con strata- gemmi meno apparenti; e ne nacque un grandissimo numero di clau- sole, dissimulate e quasi incidentali, inserite in leggi di carattere diverso, ma formanti, nel loro complesso, un tutto coordinato e lo- gico, ispirato ad un indirizzo schiettamente ostile, dal quale la condi- zione giuridica dell’immigrante risulta menomata sostanzialmente non meno di quanto avvenga, per altre vie, nei paesi apertamente proibizionisti.

Una delle disposizioni più gravi é quella del decreto 10 agosto 1899, che limita al 10 per cento il consentito concorso della mano d’opera straniera nei lavori eseguiti per conto dello Stato, delle provincie, dei comuni e degli istituti e stabilimenti pubblici. Agli ap- palti di tali lavori non posson prender parte se non imprenditori che sian cittadini francesi o società costituite tra operai francesi, nelle quali non sia rappresentato l’elemento straniero (decreto & giugno 1888, interpr. dal parere Cons. di Stato 27 giugno 1889: legge 29 luglio 1893). Analoghi divieti colpiscono gli estranei rispetto all’e-

sercizio del diritto di pesca sulle coste francesi ed algerine.



  1. (1) Cfr., per l’esposizione critica di tali progetti: L. Marcuett1, “ L’emigrazione italiana in Francia e i pericoli che le sovrastano , in Giornale degli economisti, vol. XXVIII (1904), pag. 137 e segg.