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Pagina:Prato - Il protezionismo operaio - 1910.pdf/155

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tempo, largo favore (1). Nell’aprile 1900, la federazione dei minatori, nella riunione di Altenbourg, decideva all’unanimità: «Si chiede al governo che sia vietata nei distretti minerari l’importazione di lavoratori che parlano lingue straniere, perché l’ignoranza della lingua del paese nel lavoro delle miniere aggrava i pericoli che queste presentano. Anche la mancanza di diritti dei lavoratori forestieri di protestare, riguardo alle casse di assicurazioni ci impone nel loro interesse, contro il loro ulteriore impiego». Si trattava evidentemente re del resto da uno dei capi della federazione, di un pretesto, confessato quando, ancor pit puerilmente, dichiarava: «Nessun chauvinisme ha dettato il voto; solo bisognava evitare che divenisser capi quegli ope rai che non parlan tedesco e perciò non posson farsi comprendere dalla loro gente...» (2). In realtà la questione era tutta di concorrenza, come prova la concordanza dell’ordine del giorno approvato coi numerosi altri analoghi accolti dalle sezioni socialiste o dalle unioni di mestieri delle varie città, reclamanti il monopolio, o almeno la partecipazione privilegiata nei lavori pubblici locali. Caratteri- stica manifestazione della stessa tendenza, la petizione della quarta assemblea dei marinai tedeschi (1905) al governo imperiale, per il divieto di impiego dei cinesi sui piroscafi delle compagnie sovvenzionate (3). In Austria-Ungheria il problema della presenza del lavoro straper i feroci conflitti di nazionalità e di razze che dilaniano l’impero. Lungi dal tentare di esercitare un’azione pacificatrice, i governi di Vienna e di BudaPesth si studiano di inasprirli, contando sul contrasto di forze per ottenere un precario equilibrio; e bene spesso la condizione degli estranei risente la ripercussione di questa politica arbitraria, ispirata a criteri che nulla han di comune con considerazioni di opportunità e di convenienza economica. Astrazion fatta però dalle espulsioni che talora li colpiscono per motivi d’ordine pubblico, non può contestarsi che gli stranieri godano qui d’una libertà d’accesso e di soggiorno pressoché

illimitata, non:



  1. (1) Cfr. “ Die Konkurrenz der Fremdenarbeistskrafte, in Socialistiche Monatshefte, settembre 1906.
  2. (2) Cfr. R. Guarietia, “ La concorrenza del lavoro straniero nei paesi d’Europa in Rivista di scienze sociali e discipline Internazionale
  3. (3), Ibid. La campagna ha già d’altronde senso dal partito, ausiliarie, 1909, febbraio condotta dal proletariato organizzato contro gli stranieri: origini remote. Fin dal 1893 socialista il console colonie (1° serie), pag. 270 e segg.