Vai al contenuto

Pagina:Prato - Il protezionismo operaio - 1910.pdf/51

Da Wikisource.

- 51 -

Ed ecco che, di fronte a tanta buona volontà, si desta nell’animo diffidente della popolazione bianca un nuovo ordine di preoccupa- zioni, precisamente inverse al precedente. Si é rimproverato ai cinesi il loro geloso esclusivismo, si denunzia ora nei giapponesi lo spirito di pericolosa invadenza.

Dopo le splendide prove di coesione, di energia, di combatti- vità pugnace date al mondo dal rigenerato impero, nulla si paventa maggiormente che lo stabilirsi sul suolo americano di un forte nucleo di cosi temibili competitori, la cui influenza collettiva non tarderebbe a rendersi sensibile, sia pure entro l’orbita delle costituzioni locali, in tutte le manifestazioni della vita sociale, politica, morale ed econo- mica. Se i cinesi si sottraggono alla fusione col popolo che li ospita, sono gli americani che rifiutano di assorbire i giapponesi. Quando essi si associano con schietta esultanza alla celebrazione della festa dell’Indipendenza, sorgon da ogni lato proteste furiose contro la de- ; generazione della solennità patriottica in una gazzarra orientale.

Quando l'ambasciatore Aoki, parlando nel 1907 al club giapponese 

di New-York, incoraggia i suoi compatriotti a sposare delle cittadine

americane, rendendosene meritevoli collo studio e l’educazione, é una 

concorde esplosione di sdegno dall’Atlantico al Pacifico (1). Il sogno dei sudditi del Mikado di assicurare sull’altra sponda del Pacifico alla esuberante attività del loro popolo una zona di : libera espansione economica, e i mezzi con cui pertinacemente prose- guono l’opera di lenta penetrazione, si pongono in evidenza come altrettante prove d’un sistematico programma di armata conquista. I] Shin Nihon, il Nuovo Giappone, che i giornali di Tokio preconiz- zano sulle coste californesi, colombiane e messicane si fa sinonimo } di sfera d’influenza, secondo il significato monopolistico che la diplo- mazia occidentale ha dato a questo eufemismo. E, strano a dirsi, incomincian timidamente a diffondersi sentimenti di memore resipi- scenza verso gli odiati e sfrattati cinesi, espressi in non infrequenti tentativi di postume apologie.

Saggi precursori di tale tendenza troviamo, fin dal 1900, in uno

studio sulla Tapanese competition, dovuto al direttore d’uno dei ' maggiori organi anti-mongolici, il Chronicle di S. Francisco (2). Ma esempi più frequenti e pit significativi ne incontriamo nella citata recentissima inchiesta dell’American Academy. II cinese, osservano con rimpianto il Rowell, il Young, il Coryn, teme la concorrenza col

ye (1) Cfr. Aupert, Américains et Japonais, pagg. 195, 211. (2) Gitato in Youne: “ The support of anti-oriental movement ,, cilato,