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Pagina:Prato - Il protezionismo operaio - 1910.pdf/9

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cremento demografico, con ogni mezzo e per qualsiasi via promosso ed ottenuto. Dei tre fattori della produzione, era sopratutto il lavoro quello di cui si sentiva la mancanza, di fronte all’immane offerta di prodigiose ricchezze naturali. Ed a qualunque costo occorreva procu- rarselo, fosse pure ricorrendo, dopo l’abolizione della tratta vera e propria al reclutamento ed arruolamento della mano d’opera di co- lore. Onde, oltre che nell’immigrazione bianca sovvenzionata, una delle caratteristiche di quest’epoca si ravvisa nei favori largiti ai lavoratori asiatici, malesi, africani ed oceanici, indispensabili alla messa in valore degli sterminati territori nominalmente acquisiti alla dominazione europea.

Son noti a tal proposito i fenomeni che seguirono, nelle colonie tro- picali inglesi, l’emancipazione dei negri. Ridotta al minimo dal de- creto 6 febbraio 1843 anche quella forma di tratta larvata che consisteva nell’acquisto e arruolamento, apparentemente spontaneo previa liberazione, degli schiavi offerti sui mercati del litorale afri- cano, i piantatori pensano di sostituirli col reclutamento di coolies indiani. La sola isola Maurizio ne introduce 20.000 prima del 1837, ed altri 94.000 dal 1834 al 1847, non ostante un atto del parlamento ne abbia, nel 41842, sottoposto a severe cautele |’ autorizzazione. Seguon l’esempio, dal 1844 in poi, le Antille inglesi, dove la mano d’opera asiatica non tarda a venir in attiva concorrenza con quella africana e specialmente maderese precedentemente introdotta. Cosi i possedimenti francesi della Réunion, della Martinica e della Guada- lupa, che riescon con questo espediente a superare la crisi determi- nata dalla repentina soppressione del lavoro schiavo. Né altrimenti avviene a Cuba, la quale deve gran parte della prodigiosa floridezza economica di cui gode, dal 1830 al 1870, alla pertinacia con cui i suoi governanti — non sempre, a dir vero, con metodi moralmente incen- surabili — provvedono ad assicurarle, mercé trattati e contratti, i poco costosi servizi di molte diecine di migliaia di cinesi (1). Nel frattempo, senza leggi speciali di protezione, ma colla semplice liberté concessa all’iniziativa privata, l’Australasia si procura con- tingenti notevolissimi di lavoratori gialli e di indigeni delle isole del Pacifico. E gli Stati Uniti d’America, concludendo nel 1864 un apposito trattato col Celeste Impero, proclaman esplicitamente il principio: « doversi cordialmente riconoscere il diritto naturale ed inalienabile dell’uomo a cambiar sede e cittadinanza, ed anche il mutuo vantaggio

della libera emigrazione dei cittadini e sudditi rispettivi da un paese



  1. (1) Cfr. P. Leroy Beautteu, De la colonisation chez les peuples modernes, vol. I, pag. 202, 228, 251, 257; II, 597 e segg.