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Pagina:Prose e poesie (Carrer).djvu/107

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che potrebbesi credere proprio d’un solo, dalla storia di questo re strangolato da Ercole ne derivo qualche utile ammaestramento, in particolare pei letterati, e in generale per tutti gli uomini.

Aveva il famoso lottatore tebano un bel fiaccare il re gigante fino a terra: non prima toccavala, che risorgeva rifatto di forze maggiori che non erano state le sue per l’avanti. Pensate se la buona madre non aiutava a tutto potere il figliuolo! Questo mal giuoco si rinnovò parecchie volte, ed Ercole, tra stizzoso e maravigliato, fu per torsi dall’impresa di domare il gigante; e sarebbe stata la prima che fossegli andata fallita. Se non che gli venne pensiero, vedendo come a toccar terra il nemico racquistava vigore, di tenerlo in aria sospeso colle valide braccia, fino a che avesselo condotto a mandar fuori l’ultimo spirito. Non era picciola prova il tenere alto un gigante, tanto che fosse morto; ma Ercole era anch’esso da più che le picciole prove. Detto fatto: e il re gigante tenuto alto da terra, come fosse una pernice o altra tale preda di cacciatore novizio che ne fa mostra agl’increduli compagni, andò all’altro mondo, o, se vi piace meglio, rientrò nel grembo a chi l’aveva partorito.

Ora qual costrutto se ne cava dalla storiella? Pianissimo. Letterati, e artisti confratelli de’ letterati, nel ricopiare la natura, volete non morir mai? Non tenetevi a lungo discosti dalla madre