Pagina:Prose e poesie (Carrer).djvu/108

Da Wikisource.
100

Terra. Spiccate pure a quando a quando de’ voli, per quanto vi portano l’ali del vostro ingegno, ma ricordatevi di tornare a basso a riprender fiato ogni qual volta vi sentite mancare la lena. Se no, colla mitologia di tutti i tempi vi annunzio che rimarrete strozzati dall’Ercole della critica, in onta a tutti i vostri contorcimenti da gigante. Oh! noi, direte, siamo potenti d’ingegno, abbiamo in nostro dominio tutti i regni della fantasia. Anche Anteo era re e gigante, e aveva a genitori niente meno che Nettuno e la Terra. E per questo? Springò un poco con ambe le piote, per dirla alla dantesca, e poi fece la morte de’ malvissuti. La terra e il mare sono la vostra abituale dimora, e del cielo bisogna usarne con discrezione. Finchè non si arriva al sole, o almeno alla luna, non c’è altro da imbottare che aria e vapori; e di genti che siano arrivate a quell’altezza non ce n’è memoria fuorchè nel poema dell’Ariosto. Provvedetevi dunque del cavallo alato di Astolfo, che non si sa dopo il secolo di Carlomagno in che man sia mai capitato, e se no, contentatevi di calare, come diceva, a quando a quando, e rifarvi mortali. Quante volte mi accade, leggendo certe ventose o annuvolate sieno prose, sieno poesie, di dire meco stesso: qui il pover’uomo monta alle nuvole, cali un poco sua signoria da tanto pericolosa altezza! Ma sua signoria mi dà quell’ascolto che a Dedalo il figliuolo; io parlo, che l’amico fa viaggio più sempre verso le stelle. Qui la criti-