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Pagina:Prose e poesie (Carrer) IV.djvu/102

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Non è da noi l’arrestarci nella disamina delle ragioni, che allegano i nuovi settarii ad avvalorare una siffatta farmacopea; ma di qua passando agli omeopatici letterati, diremo aver essi una troppo elevata opinione dell’acume de’ loro lettori, se presumono che un loro gramo pensieruzzo, annegato in uno poco meno che pelago di parole, debba venire assaporato prontissimamente, e cangiarsi in fruttuosa medicina a stomachi infermi. O se non hanno siffatto concetto de’ proprii lettori, è troppa la stima che fanno di quel gramo pensieruzzo sopra indicato, se credono che delle mille e mille e mille parole, nelle quali il disfanno, ciascuna ne rimanesse per modo segnata da potere e singolarmente, e in concorso colle altre, far buona prova negl’intelletti. Sappiamo troppo bene che a risvegliare il sentimento di certe verità, che possono rimanere assopite, ma non mai morte nel cuore dell’uomo, basta alcuna volta non più che toccarle leggermente in questo o quello de’ capi ch’esse da più parti presentano (a quella guisa che nell’uomo dormiente una immagine a caso suscitata risuscita repentinamente gran numero d’altre immagini con quella per qualsivoglia guisa concatenate); ma chi vorrebbe presumere di sapere indovinare, qual sia il capo sporgente, e quindi più facile ad essere afferrato nelle affezioni di ciascun uomo individualmente, e di tutti in generale? E quando ciò