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Pagina:Prose e poesie (Carrer) IV.djvu/103

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pure avvenisse, non sarebbe presunzione il supporre che quel pensiero avesse in se tanta efficacia da giugnere troppo attivo, se non fosse stemperato nelle molte parole?

Non vorremmo esser creduti avversi alla cura che si domanda, a bene e lucidamente esporre i proprii pensieri; ne basta aver fatto un poco d’osservazione in proposito di que’ tali, e non sono pochi al nostro tempo, che come hanno trovato una loro idea che abbia alquanto del pellegrino, non si stancano mai di farle vezzi e moine, acconciandola per mille modi diversi, e credendo che tanto sia il dar cose nuove, quanto il dar nuove parole. Potremmo alla stessa maniera accennare un letterario mesmerismo, anch’esso venuto più che mai in voga a’ di nostri. E qui ne cadrebbe in taglio il descrivere le fregagioni, e gli stropicciamenti di certi scrittori, che, posto al buio il lettore, s’ingegnano di bravamente assopirlo con lungaggini di aridissime sottilità, per poi, come il veggono rifinito in ogni suo sentimento, travolgerlo e raggirarlo nei loro indicifrabili deliramenti. Ma per questa volta il discorso non doveva essere che intorno alla letteratura omeopatica; chi ne ha voglia lo allunghi e riscontri cogli altri sistemi tutti da noi non più che accennati, e con altri ancora, sui quali la nostra ignoranza e l’impazienza nostra nou ci permette di mover parola.