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Pagina:Prose e poesie (Carrer) IV.djvu/122

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la critica che succede! Come puossi di fatti presumere slealtà o sfavorevole anticipazione di giudizio in chi comincia dall’accordare a quel tale cui sottopone ad esame, oltre quanto ha egli operato, e forse forse gli è mai venuto alla mente? Ma qui ancora il provar troppo egli è lo stesso che provar nùlla; e per combattere il merito vero chiamiamo in soccorso il suppositizio.

Non sempre però, e non da tutti, si lodano le possibili virtù del prossimo con questo poco caritatevole intendimento. Ci hanno di quelli il cui amore va tanto innanzi, che, non contenti di ciò che veggono realmente nell’oggetto amato, ci mettono quel tutto del proprio che più e meglio sanno, e sopraccaricano di ornamenti fantastici il loro idolo per guisa tale da occultarne fin anco le vere e originali sembianze. A questi stemperati lodatori di buona fede vuolsi avvertire essere anche questa una frode secreta dell’amor proprio, per cui, senz’accorgerci, facciamo pubblica professione de’ nostri sentimenti, e, anzichè quella d’altri, l’apoteosi di noi medesimi. Di fatti quel tanto che sotto la semplice condizione della possibilità viene da noi attribuito ad altrui, egli è bene spesso non altro che ripetizione di quelle virtù che da noi sono tenute in maggior conto, e delle quali ne piacerebbe trovare in altri l’esempio. E questa anche una buona, quantunque indiretta, maniera di gettarci a combattere con più sicurezza ciò tutto che