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Pagina:Prose e poesie (Carrer) IV.djvu/124

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te degli uomini sia tolto di fare quel tanto a cui l’indole delle loro forze poteva rispondere? Ben si vede che qui non si parla dell’impossibilità congenita all’umana natura di raggiugnere la perfezione, per la quale travagliati sempre l’animo e l’intelletto da una continua battaglia di desiderii, possiamo bensi giudicare quanto ci siano rimasti addietro i nostri fratelli, ma non quanto ci stia ancora lontana la meta a cui agogniamo, senza speranza di poterla mai arrivare. Lasciata dunque da parte questa impossibilità assoluta ed universale, ristringasi il nostro discorso a soli quegli ostacoli, tuttaffatto relativi e particolari ad ogni individuo, che possono da esso vincersi o rimanere insuperabili secondo la forza e il coraggio a lui proprii. E dico appunto intorno a questi, che opererà saviamente chi trovi in essi non più che una misura a giudicare della potenza onde altri era da natura privilegiato.

Ma passiamo alcun poco dall’aridità degli astratti discorsi a qualche piacevolezza d’esempi. Dicesi per esempio di uno scrittore, il quale abbia disperse le facoltà del proprio ingegno in molto varie dottrine: oh i miracoli che se ne sarebbero veduti, ove tutte quelle facoltà fossero state raccolte in un unico intento! Vorrei prima sapere che bizzarro modo di ragionare sia questo, cominciando dallo snaturare le cose prima di favellare. E per verità tanto è dire