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Pagina:Prose e poesie (Carrer) IV.djvu/125

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avesse il tale ch’ebbe l’animo a molte cose, pensato ad una sola, quanto dire: fosse stato altro da quello ch’egli era. Chi vi ha detto per altra parte che appunto dall’aver egli morsecchiato quando d’una, quando d’altra scienza, non gli sia venuta quell’attitudine di considerare gli oggetti nelle loro relazioni più disparate, e per conseguenza quella maniera si larga e assoluta di ragionarne? So di non dir cosa nuova scrivendo che da lato di ogni umana virtù cresce la pianta di un qualche vizio, se già non rampolla sullo stesso pedale, per modo che il domandarne la recisione è un domandare la morte di tutta la pianta. L’insofferenza della lima, dicesi di uno scrittore d’amene lettere, gli tolse di ottenere la celebrità somma a cui sarebbe giunto pel calore che spirano le sue scritture; e quel calore, domando, non era forse affratellato con quella insofferenza? Posto Torquato nel fervore degli anni, poco curante, o ignaro per anco, di certi dotti lambiccamenti a’ quali obbedì in altro tempo, ne avrete la Liberata; accordategli uno studio soverchio di perfezione, una timida soggezione agli esempi e alle sottilità aristoteliche, vieppiù sempre assottigliate dagli alchimisti della letteratura, che per trovar l’oro immaginario profondono il vero, e ne uscirà la Conquistata; misero cambio dell’Odissea, onde poteva essere illustrato il tramonto di quel bel sole, il cui meriggio, se non forse