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Pagina:Prose e poesie (Carrer) IV.djvu/130

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farne domanda? In tanto quel Tizio è pittore in quanto è Tizio e non altri.

Spieghiamoci bene. Credete voi che ad esser pittore si convenga prender in mano il pennello, immolarlo in non so che mistione di minio, d’indaco, di biacca o d’altra materia colorante, e poi lasciarlo andar su e giù per un pezzo di tela, cui si avrà avuto prima la pazienza e l’ingegno di tendere sur un telaio? Allora si, che, spiccati gli occhi da quella tela, e messo giù quel pennello, Tizio può cessare intieramente d’esser pittore, e tornarsene uomo come voi dite. Ma se l’armonia delle tinte la porta con sé, e nel più intimo della propria anima; se quell’altro, meglio che negli orecchi, ha nella propria anima gli accordi di cui le nere goccie d’inchiostro che frammette alle righe non sono che materiale rappresentazione, il vostro dire: cessate d’esser pittore o d’essere musicante quando venite fra noi, è un domandare che si contentino di schiantarsi il cuore, per farsi piacevoli a chi non ne sa di musica o di pittura. L’arte e l’artista sono inseparabili. Può ben egli dire esser dessa l’arte l’osso delle sue ossa, la carne delle sue carni, o meglio la luce de’ suoi occhi, lo spirito delle sue membra. A molti per verità può credersi che sia la tormentosa camicia di Nesso, che cagiona gli spasimi più acerbi delle loro viscere; ma cbe per questo? Possono essi levarsela dattorno? Rigettarla come si fa d’un vestito, per as-