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Pagina:Prose e poesie (Carrer) IV.djvu/138

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racconto, e al vedere che, dette le cose come sono e nulla più, nessuna commozione si manifesta negli uditori, ficcarvi qui e qua, alcun che del vostro, e dove aggiugnere, dove toglicre tale o tal altra cosetta, a ciò che sarebbe stata la semplice verità? Ho più d’una volta udito rispondermi da taluno, a cui mi occorse di rinfacciare qualche inesattezza in questo genere: eh! sono gli scempi che ripetono le cose a puntino; e a voler dilettare chi ascolta, bisogna, senza alterar la sostanza delle cose, usare un po’ d’artifizio intorno a quelle che sono mere accidentalità. Per verità mi sono tanto avvezzato ad indovinare una simile risposta, che quantunque in mio cuore faccia sempre delle recisioni, a misura dei casi e delle persone, a quanto mi viene udito, non mi attento però mai di movere il lagno surriferito. Mi sono accordato tacitamente con tutti gli altri metterci sempre on poco del proprio ne’ loro racconti, io levar sempre alcun poco da quanto mi dicono; e trovo che la partita rimane per lo più ragguagliata secondo giustizia. Ora perchè non perdonare al povero scrittore quella specie di spavento che deve coglierlo quando, mettendosi al proprio tavolino per raccontare le cose quali sono, si sente anticipatamente proverbiare da una folla di lettori in questo modo: oh bella! Che cosa ci viene egli a contare? La è vecchia quanto la luna! E ci vogliono libri a sapere cotesto? - Ma, signo-