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Pagina:Prose e poesie (Carrer) IV.djvu/139

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ri, quanto io dico è appunto l’opposto di quanto siete soliti di dir voi in ogni tempo, sicché sembra che nol sappiate, o che non ne siate persuasi. — E vuoi persuadercene con sì grame parole? Baderemo a te che ci parli come vien viene, e senza nessuna di quelle frasi che pizzicano il cervello; mentre Flavio ci spiega innanzi quei suoi bei paroloni di moltiplice significato, quelle sue immagini così pregne d’allusioni, ci scuote in somma, ci stuzzica, ci diverte? - Ma, signori, Flavio non sa quello che si dica; que’ suoi paroloni non vogliono dire piuttosto una che altra cosa, sono buttati nel discorso come la gragnuola, a caso, senza distinzione di sito, e gramo il campo dov’essa batte quelle sue immagini sono tronfie, non hanno relazione al soggetto, non lo dichiarano ma lo avviluppano... — Che gragnuola, che relazione, che avviluppare? Flavio ci dà nell’umore, ci fa udire qualche cosa di nuovo, e noi abbiamo bisogno di novità, di novità, di novità. — Ma il vero è sempre vecchio e sempre nuovo ad un tempo. — Dottrine rancide, sofisticaggini, metafisiche: c’è un vero che mette la barba, e questo ci secca. Vogliamo le verità nuove, e chi ci ricanta le vecchie si contenti che i suoi libri ci servano di guanciale per adagiarvi la testa e trovare il sonno più facilmente.

Abbiamo finora parlato di ciò, che, quantunque proceda dall’ordinario costume de’ lettori, è tuttavia grandemente riprovevole negli scrittori: so-